sabato 26 febbraio 2011

Prosecco


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La storia del Prosecco è una storia antica e diverse sono le ipotesi avanzate sulla sua origine. La più accreditata identifica il Prosecco con un vino noto ai tempi dell'Impero Romano, il Pucino, proveniente 

dalle colline carsiche che incorniciano a nord il golfo di Trieste, dove esisteva una località omonima e un vitigno del tutto simile denominato Glera. Le catalogazioni compiute nelle colline di Conegliano-Valdobbiadene all'inizio del Novecento mostrano l'esistenza di vari biotipi di prosecco.

Il Prosecco è un vino DOCG prodotto unicamente nel Trevigiano, in particolare nella fascia collinare compresa traVittorio Veneto e Valdobbiadene. Il Distretto DOCG comprende 15 comuni: Conegliano, Susegana, San Vendemiano, Colle Umberto, Vittorio Veneto, Tarzo,Cison di Valmarino, Follina, Miane, San Pietro di Feletto, Refrontolo, Pieve di Soligo, Farra di Soligo, Vidor e Valdobbiadene.

Originario dell'omonima località in comune di Trieste, è un vitigno a bacca bianca, da cui si ricavano gli omonimi vini bianchi, per lo più spumanti o frizzanti, con il loro caratteristico retrogusto leggermente amarognolo.

Le tipologie di Prosecco sono infatti il tranquillo, il frizzante e lo spumante. Il metodo di spumantizzazione più usato è lo Charmat da cui si ottengono le versioni Brut, Extra Dry e Dry in base alla concentrazione di zucchero residuo dopo la fermentazione in autoclave.

Il Prosecco italiano non deve essere confuso con il Prosecco Dalmata, che è un vino dolce (sherry), fatto con uva passita.











fonte post | wikipedia.it, tigulliovino.it, 

mercoledì 23 febbraio 2011

L' Amatriciana


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Perché Matriciana e non Amatriciana Grandi discussioni sono sorte sul termine "Matriciana".
C'è chi sostiene che la ricetta sia di Amatrice (cittadina in provincia di Rieti da cui Amatriciana), e chi, invece, ritiene che si tratti di un piatto romano.
In effetti, se si scava alla radice, si può notare come le differenze tra le due ricette siano notevoli: in bianco e senza cipolla ad Amatrice, con il sugo e la cipolla a Roma.
La ricetta in realtà nasce a Roma, e sono gli abitanti di Amatrice a crearne una "copia" riveduta e corretta.

L'invenzione della salsa di pomodoro (e quindi il termine post quem per l'introduzione del pomodoro nella gricia, creando l'Amatriciana) risale alla fine del diciottesimo secolo: la prima testimonianza scritta dell'uso della salsa di pomodoro con la pasta si trova nel manuale di cucina L'Apicio Moderno, scritto nel 1790 dal cuoco romano Francesco Leonardi.

Nell'Ottocento e sino all'inizio del novecento la popolarità della pietanza a Roma si accrebbe considerevolmente. Questo avvenne a causa degli stretti contatti  a quel tempo già pluricentenari fra la città eterna ed Amatrice. L'Amatriciana fu estremamente bene accolta e anche se nata altrove  venne rapidamente considerata un classico della cucina romana. Il nome della pietanza in Romanesco divenne matriciana a causa dell'aferesi tipica di questo dialetto.
Dice la tradizione che gli abitanti di Amatrice venivano a "svernare" a Roma, poichè il loro clima era molto rigido d'inverno.

fonte post | website.lineone.net, it.wikipedia.org

domenica 20 febbraio 2011

Bruschetta


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L’origine della bruschetta si perde nella notte dei tempi ma, per quanto riguarda la zona di origine potremmo fare riferimento ad un’area pressappoco coincidente con quella etrusca più conosciuta, area che ci porta in Toscana ed in parte nel Lazio.

Questo per l’antichità, ma l’odierna bruschetta è, a mio parere, da ascrivere totalmente alla Toscana, in particolare nell’area meridionale grossetana, la Maremma.

Perché? Uno dei motivi è dato dall’impiego del sale che diventa necessario in quanto, come penso e spero molti di voi sapranno, il pane toscano si distingue non solo per la sua caratteristica forma ma, in particolare, per il fatto, forse unico al mondo, che non contiene sale.

Sin dall’origine divenne quindi necessario provvedere alla sua integrazione cospargendo la fetta di pane con un pizzico di sale marino, e le saline di Orbetello erano lì vicine.
Il pane toscano, dalla pagnotta grande e dalla forma spesso quasi quadrangolare, si presta poi particolarmente perché può essere agevolmente tagliato a fette, piuttosto spesse, che risulteranno contornate da una crosta abbastanza dura ma croccante, con una mollica morbida, bianca e con alveoli piccoli e irregolari (adattissima ad assorbire l’olio) che una volta leggermente grigliate, anche se imbibite di olio, rimarranno comunque rigide e maneggiabili.
La bruschetta è un piatto povero contadino della cucina italiana, servito oggi perlopiù come veloce antipasto.

È costituita da fette di pane rustico abbrustolito nel forno o sulla piastra. La bruschetta può essere condita con un'infinita varietà di ingredienti, il più tipico è il pomodoro. Dell'olio di oliva di buona qualità è essenziale per una ottima bruschetta.

In Toscana viene chiamato fettunta, in altri luoghi panunto. Quando il pane è caldo e croccante si strofina uno spicchio d'aglio sulla superficie e quindi si condisce con olio extra vergine di oliva, sale e pepe. 
Si ritiene che questo cibo povero sia nato come spuntino per i lavoratori dei campi. Veniva preparato con il pane casereccio, anche raffermo, ed insaporito con carni e salsiccia.

Esiste un tipo di bruschetta chiamata in piemontese soma d'aj, di origine tipicamente monferrina e langarola o della zona delle sorgenti del Po. Gli spicchi d'aglio vengono sfregati sulla crosta del pane abbrustolito. Le fette di pane, così trattate, sono solitamente richiuse a formare un panino, con dentro fette di pomodoro, olio e sale. La soma era il cibo dei vendemmiatori quando, durante la pausa per il pranzo, veniva accompagnata con un grappolo d’uva dolcetto o moscato.

fonte post | wikipedia.it, 

giovedì 17 febbraio 2011

"Aperol Spritz"

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Lo spritz è un aperitivo alcolico a base di vino e acqua, a piacere si può aggiungere Aperol o Campari Bitter. Popolare nel Triveneto e noto anche in Germania.
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Nella sua forma originaria, ottenuta dalla semplice mescolanza fra acqua e vino frizzante (spumante), viene tuttora comunemente consumato in tutto il Triveneto. Negli anni vi sono state apportate varie modifiche fino a renderlo un vero e proprio aperitivo sempre più di moda tra i giovani e non solo.

Questa bevanda avrebbe origine nel periodo della prima guerra mondiale, durante l'occupazione austriaca sul Piave tra le colline di Valdobbiadene e Conegliano dove regnava il Prosecco, in particolare nelle aree di Treviso, Padova, Venezia, Udine.
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Le origini sono ignote, tuttavia sembra che una parte non indifferente nella diffusione dello spritz l'abbiano avuta i soldati dell'Impero austriaco di stanza in quella che fu la Repubblica Serenissima i quali, per stemperare l'elevata gradazione alcolica dei vini veneti, li avrebbero allungati con seltz; da qui si vuole l'origine del nome, che dovrebbe derivare dal verbo tedesco "spritzen", che significa"spruzzare", il gesto appunto di allungare il vino con l'acqua (in modo simile allo Spritzer austriaco). Un'altra teoria racconta invece che il nome deriverebbe da un vino Austriaco, più precisamente della regione di Wachau.
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Negli anni successivi, il costume si sarebbe diffuso ad altre città, con l'introduzione progressiva di varianti che, come tocco di colore, prevedevano l'aggiunta di alcolici di colore rosso o arancione, quali l'Aperol e il Campari Bitter o di colore nero come la China Martini e il Cynar, in questa variante molto meno conosciuto e bevuto.



fonte post | wikipedia.it

domenica 13 febbraio 2011

Nero D' Avola


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Ormai entrato a fare parte in tutte le cantine di rispetto, (giustamente) grazie al suo carattere inconfondibile, tipico e unico dei sapori del sud Italia , il nero d' Avola trova le sue origini nella parte più bassa della Sicilia compresa nei territori di Noto e Pachino, con le contrade di Buonivini, Bufalefi, Maccari, Archi. 
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www.enotime.it
L’origine del nome nero d'avola è dunque da contestualizzare in tempi molto remoti. Sebbene gli esportatori di vini siciliani in Francia trovarono più facile venderli come vini "calabresi", che in quel tempo erano decisamente più famosi ed apprezzati, già nel 1800 i vini rossi provenienti da uve nero d'avola del territorio siracusano erano divenuti molto richiesti e ambiti dagli stessi commercianti Francesi e nord Europa, che li applicavano per dare colore e corposità ai loro vini. Il nome Nero D'Avola deriva dalla traduzione ( attestata da fonti storiche) del dialetto siciliano “calaurisi”, risultante dall'unione delle parole “calea”, ovvero uva, e “aulisi”, di Avola, borgo della provincia di Siracusa, erroneamente tradotta con "calabrisi", cioè calabrese.
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In questa zona negli ultimi dieci anni si è avuto un vero boom di nuove imprese, provenienti anche da fuori Sicilia, che hanno investito nell'impianto di nuovi vigneti, preferibilmente allevati a controspalliera o con il tradizionale alberello, più costoso e meno produttivo, ma con rese qualitativamente superiori dal punto di vista organolettico e del potenziale d'invecchiamento.
www.ilquotidianosiciliano.it
Questo particolare vino si presenta alla vista di un gradevole rosso rubino, più o meno intenso a seconda delle tipologie del vigneto, della sua giacitura e dell'invecchiamento, ha un gusto con sentori di bacca, di ciliegia, prugna, talvolta speziato a volte molto simile al nebbiolo,
Va servito a 18 °C e si abbina a carni rosse, arrosti e formaggi stagionati.
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Sono tipicamente vini di forte carattere, talvolta un po' spigolosi talvolta molto eleganti,
bisogna dire che ai giorni nostri il "nero" viene aprezzato anche come aperitivo alternativo elegante e da "intenditori".






fonte post | wikipedia.it, 

sabato 12 febbraio 2011

Limoncello

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http://www.capri.ne

Ormai conosciuto in tutto il mondo per il suo aroma e la sua fragranza tipica mediterranea, viene consumato in ogni occasione conviviale. La tradizione dice che il limoncello o limoncino è un liquore dolce ottenuto dalla macerazione in alcool delle scorze del limone ed eventualmente di altri agrumi, miscelata in seguito con uno sciroppo di acqua e zucchero.
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Alla base vi è una preparazione semplice, mediamente dopo almeno un mese di maturazione in bottiglia, diviene il classico liquore giallo da gustare sia come aperitivo che come digestivo dopo i pasti.

La buccia di colore giallo citrino, ottenuta dai migliori limoni di forma ellittica, simmetrica e di dimensioni medio-grandi, è l'ingrediente principale del limoncello contenente oli essenziali che conferiscono al liquore un aroma molto deciso.

Secondo la tradizione il liquore nasce agli inizi del novecento e la sua paternità viene contesa tra sorrentini, amalfitani e capresi: molto rinomato infatti è quello prodotto in Campania utilizzando il limone di Sorrento (il "femminello") o lo sfusato amalfitano IGP.
http://itinerari.mondodelgusto.it
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A Capri, qualcuno sostiene che le sue origini siano legate alle vicissitudini della famiglia dell’imprenditore Massimo Canale che, nel 1988, registrò per primo il marchio «Limoncello».

Come detto, il liquore nacque proprio agli inizi del 1900, in una piccola pensione dell’Isola Azzurra, 
http://www.caesar-augustus.com
dove la signora Maria Antonia Farace curava un rigoglioso giardino di limoni e arance. Il nipote, nel dopoguerra, aprì un’attività di ristorazione proprio nelle vicinanze della villa di Axel Munte. La specialità di quel bar era proprio il liquore di limoni realizzato con l’antica ricetta della nonna. 




Il termine "limoncello" è consentito solo per i liquori prodotti con gli agrumi IGP della penisola sorrentina.



fonte post | wikipedia.it, 

venerdì 11 febbraio 2011

Carbonara sauce.

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La pasta alla carbonara è un piatto rustico caratteristico del Lazio preparato con ingredienti "poveri" e dal gusto intenso ed è un piatto ad alto contenuto calorico.
Il tipo di pasta tradizionalmente più utilizzato sono gli spaghetti, anche se si prestano bene altri tipi di pasta lunga.
Cè chi ne attribuisce la paternità ad Ippolito Cavalcanti, nobile napoletano che ne aveva pubblicato la ricetta in un suo libro.

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Si tramanda la provenienza del termine come piatto tipico dei carbonai, per la facile reperibilità e conservazione degli ingredienti. Infatti per realizzare la carbonella era necessario sorvegliare la carbonaia per lungo tempo e quindi era importante avere con sé i viveri necessari.

La carbonara sarebbe in questo caso l'evoluzione del piatto detto cacio e ova, di origini Laziali e Abruzzesi, che i carbonari usano portare nei loro "tascapane", preparati anche il giorno prima e consumati freddi, con il solo utilizzo delle mani (uguale per la cacio e pepe quando non avevano le uova).
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Il piatto è stato registrato per la prima volta nel periodo immediatamente successivo alla liberazione di Roma nel 1944, quando nei mercati romani apparve il bacon portato dalle truppe angloamericane. Questo spiega anche perché nella Carbonara, a differenza di altre salse come l'amatriciana, pancetta e guanciale vengono riportati spesso come ingredienti equivalenti.
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In ogni caso, troppo spesso si sente parlare, di pancetta e guanciale come se fossero la stessa cosa. Ma attenzione, pancetta e guanciale sono due tagli ben diversi: come dicono anche i loro nomi, infatti, la pancetta viene ricavata dall’addome mentre il guanciale viene ricavato dalla guancia.

La carbonara, ad esempio, vuole il guanciale. Intendiamoci: liberi di usare la pancetta, ma cambia la ricetta, e quindi il nome da dare al piatto.

fonti post - http://it.wikipedia.org, http://www.divinocibo.it, 

giovedì 10 febbraio 2011

Olio extravergine di oliva

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L'olio di oliva è un olio caratterizzato da un contenuto molto elevato di grassi monoinsaturi. Nella tipologia vergine si ricava dalla spremitura meccanica dell'oliva, frutto della specie. Altre tipologie merceologiche di olio derivato dalle olive, ma con proprietà dietetiche ed organolettiche differenti, si ottengono per rettificazione degli oli vergini e per estrazione con solvente dalla sansa di olive.
www.ricetteincucina.net
Prodotto originario della tradizione agroalimentare del Mediterraneo, l'olio d'oliva è attualmente prodotto anche nelle altre regioni a clima mediterraneo.

L’olivo veniva usato per cosmesi, medicina e illuminazione, ma il suo posto d’onore era già in cucina, in ricette che si avvicinavano molto a quelle della nostra attuale "dieta mediterranea". Lo testimoniano i leggendari trattati di Apicus, uno dei primi gastronomi della storia, che già nel primo secolo dopo Cristo rese l’olio onnipresente nelle sue ricette per conservare, condire, cuocere.

http://2.bp.blogspot.com
In epoca storica la coltura, perfezionata dagli innesti, passa dal Nord dell’attuale Siria all’Egitto e alle isole greche, soprattutto Cipro, Rodi, Creta, per poi passare alla Grecia e all’Asia Minore. Già il codice babilonese regolava il commercio dell’olio di oliva e per secoli a tale attività veniva attribuita straordinaria importanza. Gli
www.vendita-olio-extravergine.it
Egizi lo consideravano un dono degli dei, gli Ebrei lo adoperavano per "ungere" il loro Re, Fenici e Greci costruivano apposite navi per il trasporto delle grandi anfore-contenitore. Pare che in Italia la cultura dell’olivo sia stata introdotta dai Greci, che la consideravano un dono della dea Atena. I Romani si specializzarono nell’immagazzinamento e distribuzione dell’olio e razionalizzarono la gestione delle grandi quantità ottenute dai popoli sottomessi.
l'olio extravergine d'oliva è composto al 70% da acido oleico, proprio lo stesso tipo di sostanza di cui è fatto il grasso del corpo umano. Per questo motivo viene digerito senza problemi, e i suoi elementi nutrienti vengono assimilati molto facilmente.

http://traspi.net
l'olio d'oliva è anche ricco di A, K e E, vitamine con proprietà antiossidanti e che proteggono dall'azione dei "famigerati" radicali liberi. Questo si traduce in pelle, unghie e capelli più sani e resistenti. I carotenoidi e i composti fenolici invece, stimolano la mineralizzazione delle ossa aumentandone la resistenza.
contiene il 77% di grassi insaturi che abbassano il tasso di colesterolo, e migliorano la quantità di HDL, meglio conosciuto come "colesterolo buono" (ossia quello che rimuove i grassi dalle pareti delle arterie e li riporta al fegato)



fonti post - wikipedia.it, www.guidaolio.com, www.ricettedi.it

mercoledì 9 febbraio 2011

Pizza

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La pizza ha per base un impasto di acqua, farina di frumento, e lievito, che dopo una lievitazione viene lavorato fino a ottenere una forma piatta, cotto al forno e variamente condito.

http://www.giallozafferano.it
Il nome "pizza" deriverebbe secondo alcuni, da pinsa, cioè pestare, schiacciare, pigiare o dalla pita mediterranea e balcanica, di origine greca, secondo quest'ultima ipotesi la parola deriverebbe dall'ebraico o dall'arabo e dal greco, da cui anche pita che appartiene alla stessa categoria di      pane o focacce.

www.hickerphoto.com

Studi più recenti accreditano, oltre all'origine greca, anche altre ipotesi, cioè che la parola deriverebbe dal germanico (longobardo o gotico da cui anche in tedesco moderno Bissen: "boccone", "pezzo di pane").
Questa ipotesi sarebbe pure

confermata dall'area di diffusione originaria della parola.
Tuttavia la diffusa presenza, in area balcanica di pita, induce a cercare nel greco (di provenienzaalbanese) l'origine dell'italiano "pita", da cui poi "pizza" per incrocio con "pezzo". Appare comunque certo che la fortuna odierna della parola "pizza" venga da Napoli.

Benché si tratti ormai di un prodotto diffuso in tutto il mondo, la pizza è generalmente considerata un piatto originario della cucina italiana ed in particolar modo napoletana. Nel sentire comune, infatti, ci si riferisce con questo termine alla pizza tonda condita con pomodoro e mozzarella, ossia la variante più conosciuta della cosiddetta pizza napoletana, la pizza Margherita.

http://www.buttalapasta.it/
La vera e propria origine della pizza è tuttavia argomento controverso: oltre a Napoli, altre città ne rivendicano la paternità. Esiste, del resto, anche un significato più ampio del termine "pizza". La pizza si presenta in innumerevoli derivazioni e varianti, cambiando nome e caratteristiche a seconda delle diverse tradizioni locali. In particolare, in alcune aree dell'Italia centrale, viene chiamata "pizza" qualsiasi tipo di torta cotta al forno, salata o dolce e alta o bassa che sia.
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La pizza ha una storia lunga, complessa e incerta. Le prime attestazioni scritte della parola "pizza" risalgono al latino volgare di Gaeta nel 997.












fonti post - wikipedia.it

martedì 8 febbraio 2011

"Porcino" mushroom




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Il "Porcino" è il nome comune di alcune specie di funghi del genere Boletus, spesso attribuito, anche come denominazione merceologica, a quattro specie di boleti (la sezione Edules del genere Boletus) facenti capo al Boletus edulis ed aventi caratteristiche morfologiche e organolettiche vagamente simili.

Le specie codificate dalla micologia corrente e che gli esperti sono in grado di riconoscere a prima vista per le loro caratteristiche esteriori chiaramente diverse, sono quattro.

Gli antichi Romani chiamavano questi funghi Suillus per il loro aspetto generalmente tozzo e massiccio, ed il termine porcino ne è l'esatta traduzione. Possono raggiungere facilmente grandi dimensioni: non sono infrequenti ritrovamenti di esemplari di peso superiore a uno o due chilogrammi.

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C’è una leggenda tramandataci da uno scrittore greco del II secolo a.C. che narra di come l’eroe Perseo, dopo un lungo e faticoso viaggio, stanco e assetato, si poté ristorare con l’acqua raccolta nel cappello di un fungo. Decise allora di fondare in quel luogo una nuova capitale e di chiamarla “Micene”(da mikés, fungo, in greco), dando così vita ad una delle maggiori civiltà del passato: la Micenea. I romani erano grandi estimatori dei funghi; i funghi porcini e quelli nati sotto il castagno erano i più utilizzati in cucina. L’imperatore romano Claudio fu molto ghiotto di funghi

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Trovare una fungaia generosa è come trovare un tesoro e chiaramente nessun cercatore di funghi andrà mai a raccontare dove si trovano.


I porcini si sposano perfettamente con carni alla griglia e paste sia secche che fresche, il suo accostamento viene apprezzato anche sul pesce oppure in insalate, affettato crudo in fette sottilissime con alcune lacrime di limone e olio extravergine, rigorosamente di oliva.


http://data.kataweb.it








fonti post - www.wikipedia.it, http://www.maisazi.com, http://italianfood.magnaparma.com,



lunedì 7 febbraio 2011

Barolo Wine

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www.100vino.it

Il Barolo è un vino ottenuto dalla fermentazione di uva Nebbiolo nelle sue tre varietà Michet, Lampia e Rosé.

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I Vitigni: Nebbiolo (nelle varietà Michet, Lampia e Rosé. Quest'ultimo è stato recentemente dimostrato essere un vitigno differente dal nebbiolo, anche se probabilmente uno suo stretto parente.) in purezza.

L' invecchiamento deve essere di minimo 3 anni a decorrere dal 1º gennaio dell'anno successivo alla vendemmia, di cui almeno 2 in botti di rovere o castagno. Se invecchiato per un periodo minimo di 5 anni, cui almeno 2 in botti di rovere o castagno, può fregiarsi della dicitura Riserva.

la sua gradazione alcolica minima 12,50°.

Le zone di produzione In provincia di Cuneo, in Piemonte, comprende i territori dei comuni di Barolo, Castiglione Falletto e Serralunga d'Alba e parte dei territori dei comuni di La Morra, Monforte d'Alba, Roddi, Verduno, Cherasco, Diano d'Alba, Novello e Grinzane Cavour.
www.barolo.net

Ecco le sue principali caratteristiche organolettiche:
Di colore rosso granato con riflessi aranciati, al naso si presenta intenso e persistente, ovvero con un patrimonio olfattivo eccezionalmente complesso, che tende a prediligere, a seconda dello stato evolutivo, note fruttate e floreali come viola e vaniglia o note terziarie come goudron e spezie.
http://labriciola.files.wordpress.com

In bocca le componenti "dure" (acidità, tannini, sali) risultano piacevolmente equilibrate da quelle "morbide" (alcoli e polialcoli), con una intensità e persistenza eccezionali che fanno del Barolo un vino potente, elegante e di grande personalità. È curioso sottolineare che, sebbene i comuni indicati siano molto vicini tra loro, esistono delle differenze organolettiche significative che contraddistinguono i vini prodotti nelle varie localita'.


Il Vino Barolo prende il nome dalla nobile famiglia Falletti, marchesi di Barolo, che ne iniziarono la produzione nei loro vigneti.
Si narra che un giorno la marchesa Falletti offrì al re Carlo Alberto, 300 carrà di Barolo, perché il Re aveva espresso il desiderio di assaggiare quel "suo nuovo vino"; l'omaggio passò alla storia: le carrà erano infatti botti da trasporto su carro, della capacità di circa 600 litri (12 brente). Carlo Alberto rimase così entusiasta del vino avuto in dono che decise di comprare la tenuta di Verduno per potervi avviare una sua produzione personale.
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Questo Ré incontrastato dei vini "mondiali" da sempre vanto della produzione vinicola, trova i suo tipici abbinamenti con piatti come arrosti di carne rossa, brasati, cacciagione, selvaggina, cibi tartufati, formaggi a pasta dura e stagionati. Ovviamente, questo vale per tutti i "grandi, può essere classificato anche come vino da meditazione.

Molti i tentativi di contraffazione tentati, ma la qualità la storia e la passione centenaria della sua produzione rendono vano e ridicolo ogni tentativo.
www.tipicamente.it

www.annuncifacili.net

































fonte post | wikipedia.it, http://us.123rf.com, www.barolo.net, www.suoredisantanna.org, 
labriciola.files.wordpress.com, www.tipicamente.it.